La frenetica vita di un’adolescente

Due nostre nuove redattrici raccontano la vita quotidiana di una loro coetanea. Nella descrizione semplice ed efficace dei vari momenti della giornata si potranno sicuramente identificare tanti giovani d’oggi, con le loro speranze e delusioni, difficoltà e aspettative, ma sempre con lo sguardo rivolto alla realtà che li circonda e al domani, seppure a tratti con un certo disorientamento. Cronaca d’ogni giorno di un’intera generazione! 

 

Driin! Suona la sveglia: sono le 7 del mattino. È già ora di alzarsi, quanto mi piacerebbe rimanere a dormire un altro po’! In fondo non farà male a nessuno se mi appisolo ancora per qualche minuto tra le lenzuola profumate del mio letto. «Tesoro, è pronta la colazione, vieni a mangiare» sento urlare a mia madre dalla cucina. Risorgo con fatica dal mio stato di ibernazione e vedo che sono già le 7:20. Le 7:20?  Il tempo passa così velocemente la mattina! Con qualche lamento di qua e qualche grugnito di là, mi ritrovo in piedi davanti al mio letto. Il mio cervello non ha ancora registrato che sono sveglia ma riesco comunque ad arrivare in cucina. Mi siedo con un tonfo sulla sedia e fisso il latte fumante. Penso di essermi addormentata ad occhi aperti per cinque minuti o forse più. Bevo il latte ormai tiepido, prendo una mela dal cesto della frutta e le do qualche morso mentre torno in camera. Guardo l’orologio e mi rendo conto che sono già le 7:45, ma non so ancora cosa mettermi. Per me (e per tutti gli altri adolescenti, immagino) scegliere i vestiti è una delle sette fatiche da completare prima delle otto di mattina. Non riesco proprio a decidermi ma alla fine scelgo un maglioncino bianco abbinato a un paio di jeans neri : sanno tutti che nero e bianco stanno sempre bene insieme, no? Ho speso 15 minuti per scegliere cosa indossare e così sono le otto e come ogni mattina preparo la borsa di fretta. Non capisco proprio come facciano le persone organizzate ad avere tutto pronto al momento giusto. «Tesoro, è tardi, dobbiamo andare» urla mia madre dal soggiorno. Infilo velocemente il giubbotto e corro verso l’ingresso, chiamo l’ascensore e in un batter d’occhio mi ritrovo finalmente in auto. Questa mattina fa particolarmente freddo, sarà proprio una lunga giornata! Devo ammettere che mi piacciono le giornate invernali ma non amo esageratamente il freddo. Di colpo inizia a piovere e, grazie alla solita “fortuna”, non ho neanche l’ombrello. Questo è quel che si dice essere in una brutta situazione. Scendo dall’auto abbastanza vicina a scuola e inizio a correre per cercare di bagnarmi il meno possibile ma piano piano la pioggia si fa sempre più forte. Riuscirò a non arrivare a scuola inzuppata? Agito il pugno al cielo come una vecchietta e maledico le nuvole e il mondo. Immagino sia anche colpa mia, se fossi uscita prima da casa probabilmente ora sarei in classe all’asciutto. Sono esausta, non mi interessa più se arriverò bagnata a scuola e se continuo a correre rischio di scivolare. Il peggior inizio giornata di sempre! Alla fine a scuola ci sono arrivata, mediamente bagnata, quello sì, ma almeno ci sono arrivata. Con solo un minuto di ritardo, vorrei sottolineare. Alla prima e alla seconda ora abbiamo lezione di Matematica. Sono abbastanza brava in Matematica, soprattutto ora che stiamo facendo le espressioni con le potenze. Vado sul sicuro, visto che alle scuole medie mi venivano bene. Mi rimangio tutto quello che ho detto. La prima espressione mi è venuta e pure la seconda, questo perché erano semplici, quasi da bambini delle scuole elementari. Adesso siamo passati a quelle seriamente contorte. «Ma tu ci stai capendo qualcosa della 254?» chiedo alla mia migliore amica. Non mi serve una risposta. Nei suoi occhi leggo il caos più totale, confusione allo stato puro. «No» rispondo io per lei. «È così evidente?» mi chiede. «Un po’. Ma giusto un pizzico. Ma proprio…» . «Ok, grazie. Ho afferrato il concetto, sì.» Ridacchio per la sua espressione da sconfitta e torno ad arrovellarmi sull’espressione. La fisso come se potesse parlare e dirmi che cosa fare per risolverla. Ovviamente non funziona, ma continuo comunque a guardarla intensamente. Guardo la prima riga, poi il risultato che mi ha dato, poi ancora il risultato che dovrebbe dare. I due risultati sono completamente diversi. Come ho fatto ad arrivare a 65, se doveva darmi 18? Mi riguardo tutto il procedimento per la ventesima volta. Sto per arrendermi quando vedo un errore da scemi. Perché da scemi? Bè, perché ho sbagliato a fare una sottrazione. Sono proprio stupida, mamma mia. «Ohi, ti è venuta alla fine?», è di nuovo la mia migliore amica. Faccio di sì con la testa. «Sì? Come hai fatto?» . «Ho sbagliato quella sottrazione lì»  dico, indicando un punto sul suo quaderno. «Pure tu, guà» le faccio notare. «Oh… hai ragione. Che scema!». Alla terza ora ho Religione. Sento parlare la professoressa, ma il mio cervello risponde solo quando sente qualche cosa che mi potrebbe interessare. Alzo la testa e sparo la prima cosa che mi viene in mente. A volte dico cose sensate, altre no. Come deve essere, no? C’è un equilibrio. Se dicessi sempre cose sensate, la Terra smetterebbe di girare e moriremmo tutti, quindi sono giustificata a dire scemenze.

 

 

La ricreazione! Il momento preferito della giornata, con questo freddo, poi! Almeno ho la possibilità di andare a riscaldarmi al termosifone o meglio ci provo. Quei cosi sono davvero minuscoli e, se non ti appropri di un angolino in tempo, rimani al freddo. Oggi, però, ho talmente tanto sonno che mi sono dimenticata di avere freddo e pure di mangiare. Lo so, è inimmaginabile. Perlomeno oggi esco alle 12:15. Peccato che la prossima ora sia quella di Latino. Siamo chiari, a me piace almeno un po’ il Latino. Sono anche brava, ma mi ci devo proprio mettere. Non che lo trovi difficile, semplicemente i miei neuroni non lo sopportano. Non è colpa mia, è la natura. Con Greco invece va meglio, almeno finché il professore non mi interroga. Mamma mia, che ansia che mi viene. Soprattutto perché chiede tutto a raffica e bisogna dire tutto velocemente. Immagino mi stia allenando a diventare una rapper, altro che un medico.

Alla fine sono le 12:26 e sto camminando per andare a casa. Non parliamo dell’ora di Latino, che è meglio. Ed è solo il primo anno. Arrivo alla fermata dell’autobus e mentre aspetto che arrivi parlo con la mia migliore amica della giornata passata a scuola e dei compiti che abbiamo per il giorno dopo. Sono subito le 12:34, sta arrivando l’autobus, riesco a vederlo, così mi avvicino al bordo del marciapiede e inizio ad agitare la mano in modo da farmi notare. L’autobus è sempre più vicino ma non rallenta. “Non mi vorrà mica lasciare a piedi?”, penso fra me e me. Cerco ancora una volta di farmi vedere dall’autista ma sembra quasi ignorarmi. Fino all’ultimo istante spero di riuscire a salire sull’autobus ma mi passa di fronte come se niente fosse. «Sono per caso diventata invisibile?» chiedo alla mia migliore amica «A quanto pare si» risponde lei ridendo. Inizio a correre come se non ci fosse un domani lungo tutto il marciapiede ma vengo fermata da un semaforo che ovviamente diventa rosso proprio mentre cerco di riprendere l’autobus : quando torna verde riprendo la mia corsa come se non fosse successo nulla. Riesco finalmente a rivedere l’autobus, non è poi così lontano! Cerco di continuare a correre con l’dea di avercela quasi fatta. Sono sempre più vicina alla fermata successiva, eppure l’autobus non rallenta, ma fortunatamente trova un semaforo rosso ed è l’occasione perfetta per poter arrivare prima io. Dopo una corsa più che disperata arrivo alla fermata con l’affanno, tento nuovamente di farmi vedere dall’autista e aspetto che si fermi. Sembra che la fortuna abbia cambiato direzione, riesco a prendere l’autobus e ad arrivare sana e salva a casa!

 

 

I miei genitori oggi lavorano entrambi fino alle cinque del pomeriggio, quindi devo preparare qualcosa da mangiare da sola. Tutti i miei amici sanno che io e la cucina in generale siamo due cose proprio diverse e che se mi metto a cucinare è solo per evitare di morire di fame. Decido di preparare un piatto molto semplice, nelle mie corde: una piadina. Dopo aver evitato di bruciare casa e aver mangiato, mi riposo per  mezzora. Alle 15 circa inizio a studiare e vedo innanzitutto che compiti ho per il giorno dopo. Fortunatamente non ho un carico eccessivamente pesante, anzi a dire la verità non ho molte cose da fare, strano ma vero. Inizio subito a lavorare così poi posso fare merenda! Finiti i compiti, mangio tre biscotti e un mandarino. Vado matta per i mandarini, tanto che la mia migliore amica li porta a scuola solo per me.Ci metto più o meno un’ora e mezza a fare merenda: mi sono distratta a guardare Instagram. Si fanno, quindi, le 18:30. Devo per forza abbandonare il telefono per cambiarmi. Alle 19:00 esco di casa e vado in palestra per allenarmi. Lì incontro le mie amiche e facciamo esercizio fisico tutte assieme. Sono una più matta dell’altra ma senza di loro non saprei proprio come fare. Finito di fare palestra torno a casa, dove mi aspetta una cena più che meritata. Mamma ha preparato alette di pollo piccanti e patate. Sono troppo affamata per fare la doccia, quindi mi siedo a tavola tutta puzzolente ma non mi importa. Ora sono in bagno e ascolto le canzoni della playlist che condivido con le mie amiche. Ecco le canzoni di “Grease”, che abbiamo aggiunto il giorno in cui abbiamo guardato tutte insieme il film a casa della mia migliore amica, dove eravamo andate per un tè. A pensarci bene, il tè faceva un po’ schifo, la torta di mele, però, era divina. Non si può essere bravi in tutto, alla fine. Comunque, ora c’è Hoplessly Devoted To You. Che deprimente questa! Vado avanti: You’re The One That I Want. Questa è bella. La canto mentre aspetto che arrivi l’acqua calda. Dopo un pò mi stanco e, più o meno a metà della canzone, cambio. Non so cosa mettere, oggi felicità, anzi no, altrimenti poi ho troppa energia e non mi addormento.  Metto in coda alcune delle canzoni più deprimenti che trovo ed entro in doccia. Da poco ho scoperto che non tutti fanno la doccia con l’acqua bollente, anche d’inverno.  Incredibile, per una freddolosa come me è impensabile. In estate la doccia calda è rilassante, mentre in inverno è proprio una questione di necessità, mica si può morire di freddo. In estate è proprio bello tornare dal mare alle otto di sera e fare una lunga doccia calda. È proprio meglio in estate, perché si è più spensierati e ce la si può godere di più, o forse no perché c’è già caldo fuori e fare la doccia con l’acqua calda non è conveniente? Però le docce fredde sono, bè, “fredde”, o forse rinfrescanti? Non lo so, quello che so è che devo ancora fare lo shampoo e sono ferma a fissare il vuoto. Torno alla realtà e mi accorgo che le canzoni deprimenti sono finite e sono iniziate quelle energizzanti. Mi sporgo da dietro i vetri della doccia e cambio la playlist in “Canzoni deprimenti per la doccia”. La prima canzone parte e la canto mentre mi insapono i capelli.

Ho impiegato più o meno un’ora e mezza a fare la doccia, asciugare i capelli e mettere il pigiama. Avevo una fame da morire quando sono tornata a casa ma adesso è passata. So che però mi tornerà, probabilmente nel momento peggiore possibile, per esempio quando sarò sotto le coperte mezzo addormentata e non avrò voglia di alzarmi a prendere qualcosa dal frigo, quindi morirò di fame fino alla mattina dopo. Vado in cucina e preparo un toast, lo mangio mentre cammino per la casa cercando di ricordarmi cosa devo fare e dimenticando che devo semplicemente tornare in camera. Alla fine, per fortuna, ci vado in camera. Penso di poter guardare un film, ma mi dovrei alzare a prendere il computer e non ne ho voglia. Potrei guardare TikTok, ma non ho voglia di prendere in mano il telefono. Potrei leggere un libro ma no, stesso problema del telefono. Potrei ascoltare della musica, ma è anche peggio perché dovrei non solo prendere il telefono ma pure le cuffie. Alla fine mi arrendo e mi addormento, dimenticando di spegnere la luce.

 

Maria Sechi
Lucia Uzzau

Classe 1^ E Liceo Classico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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